La voce della Filiera Immobiliare, esempio virtuoso di beni comuni valorizzati tramite partenariato pubblico-privato
È una novità importante. Ed è significativo che venga da uno dei musei-parchi archeologici dotati di autonomia, il Parco dei Campi Flegrei. Per di più una realtà del Mezzogiorno.
Si tratta della prima sperimentazione di partenariato pubblico-privato per la valorizzazione di alcuni siti-monumenti che fanno parte del Parco, che, com’è noto, ha una complessa articolazione territoriale comprensiva di oltre venti siti e monumenti.
Si parte, al momento, con due monumenti importanti, ma ancora assai poco valorizzati, la cosiddetta ‘Piscina Mirabilis’ di Misenum, a Bacoli, un’enorme cisterna per l’acqua, che ha paralleli per imponenza solo con la celebre (e visitatissima) cisterna di Istanbule il Tempio di Serapide a Pozzuoli.
In Italia abbiamo alcune importanti esperienze di ottima gestione di siti culturali da parte di soggetti privati con interesse pubblico: si pensi in particolare al FAI. Qualche anno fa il ministro Franceschini, nel suo precedente mandato, lanciò un bando per l’affidamento di alcuni importanti siti e c’è da augurarsi che ora lo stesso ministro rilanci e renda ancor più ampio quel progetto, soprattutto rendendo meno gravosi i canoni per i gestori, che si candidino alla gestione di siti che altrimenti rischierebbero di essere lasciati in condizioni di abbandono.
Con questa nuova iniziativa del Parco dei Campi Flegrei si avvia una nuova fase: si va ben oltre la logica dei ‘servizi aggiuntivi’ introdotti ormai molto tempo fa dal ministro Ronchey, che ha visto pochi grandi operatori nazionali aggiudicarsi i siti più grandi e redditizi (dal Colosseo a Pompei).
Si punta, al contrario, al coinvolgimento di soggetti interessati alla gestione, in partenariato con il Parco, per far rinascere monumenti ‘minori’ (in realtà importantissimi, ma ancora poco noti), garantendo non solo la loro apertura al pubblico ma l’organizzazione di molte attività: visite guidate, laboratori, iniziative culturali, conferenze, spettacoli teatrali e musicali, mostre e un’infinità di altre iniziative prodotte dalla creatività dei soggetti coinvolti.
L’obiettivo di questa sperimentazione di partenariato pubblico-privato consiste, infatti, nel migliorare la conoscenza, la cura, la tutela e la fruizione di due tra i tanti straordinari siti culturali poco fruibili, se non addirittura chiusi, spesso condannati al degrado, promuovendo il coinvolgimento delle comunità locali, anche per sviluppare forme di economia e di opportunità di lavoro per i tanti professionisti del patrimonio culturale.
Anche per questo motivo, quella lanciata dal Parco dei Campi Flegrei è una sfida importante, perché potrebbe essere questo il primo esempio in Italia di valorizzazione partecipata del patrimonio culturale statale, con la partecipazione di realtà imprenditoriali locali.
C’è da sperare, ora, che operatori economici, Enti senza scopo di lucro, Enti del Terzo Settore, Imprese sociali operanti in ambito culturale rispondano all’appello e si mettano in gioco, dimostrando capacità progettuale, competenza, voglia di fare, desiderio di contribuire alla valorizzazione del patrimonio culturale e al tempo stesso operando alla costruzione ‘dal basso’ di economia sana sulla base di uno sviluppo culturale. Sappiamo bene quanto il Sud (e l’Italia tutta) abbia bisogno di tutto questo.
Il modello predisposto dai Campi Flegrei è stato elaborato da due specialisti del settore dell’economia della cultura, Stefano Consiglio ordinario di economia aziendale all’Università di Napoli ‘Federico II’, da anni impegnato nello studio dell’innovazione sociale in campo culturale, e Marco D’Isanto, tributarista, grande specialista del terzo settore.
Il progetto, avviato da Paolo Giulierini, l’attivissimo e lungimirante direttore del Museo Archeologico di Napoli, per un po’ di tempo anche direttore ad interim anche del Parco, è stato messo a punto dall’attuale direttore, Fabio Pagano, altro innovatore nel campo dei beni culturali.
I tempi paiono maturi. Lo scorso anno a Firenze si sono tenuti gli ‘Stati Generali della Gestione dal basso del patrimonio culturale’, che hanno raccolto un centinaio di realtà sparse per l’Italia. Realtà varie, grandi e piccole Fondazioni, società, associazioni, singoli professionisti, che si occupano di siti e monumenti archeologici, piccoli musei, chiese, palazzi storici, grotte, catacombe, parchi, aree marine: un insieme di beni strappati all’incuria, al degrado, all’indifferenza e all’ignoranza, recuperati, curati, gestiti con competenza e passione.
Realtà spesso piccole e piccolissime, che offrono sempre più occasioni di lavoro di qualità e che creano indotto, ma che soprattutto costruiscono giorno per giorno quelle ‘comunità di patrimonio’ di cui parla la Convenzione di Faro, la cui ratifica, dopo un percorso assai accidentato, pare finalmente prossima. Proprio a Napoli sono attive molte realtà impegnate nella gestione di pezzi di patrimonio culturale.
La più nota è la cooperativa La Paranza che gestisce in maniera esemplare le Catacombe di San Gennaro, i cui visitatori sono passati nel giro di un decennio da 8.000 a 150.000. Grazie al patrimonio culturale è l’intero Rione Sanità che sta conoscendo una rinascita, con lo sviluppo di microeconomia finalmente pulita, l’arrivo di migliaia di turisti, la crescita di una sensibilità tra i residenti anni fa inimmaginabile.
Ci auguriamo che proprio questa sia la linea strategica della nuova stagione del ministero di Franceschini: dopo aver lanciato e realizzato l’autonomia dei grandi musei, è ora il tempo di operare soprattutto sul patrimonio diffuso, che costituisce la vera peculiarità italiana.
C’è da augurarsi che questa sperimentazione sia coronata da successo. I Campi Flegrei sono vicini a una svolta per la valorizzazione del patrimonio culturale e le tante realtà culturali e imprenditoriali del territorio hanno il compito di raccogliere la sfida e farla diventare una realtà.
Non è in gioco solo una migliore gestione della Piscina Mirabilis e del Tempio di Serapide, ma un nuovo modo di intendere la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale, con la partecipazione delle comunità locali, dei giovani professionisti, di tutti coloro che voglio costruire un futuro di sviluppo sostenibile fondato sul patrimonio culturale.