Tre mosse per il mattone di Stato di Paolo Crisafi
MILANO Finanza – 30 Luglio 2019
di Paolo Crisafi
Il settore immobiliare costituisce da tempo una risorsa di primo piano per il Paese. Ma dopo gli anni del grande sviluppo il mondo immobiliare ha vissuto alterne vicende e oggi si registrano elementi di forte criticità. Il grido di allarme a più voci sulla carenza di un progetto per gli investimenti per la Capitale,nonostante tiepidi miglioramenti, la triste vicenda del Ponte Morandi a Genova, sono alcuni esempi nel mondo immobiliare e delle infrastrutture di come quelli che potevano e dovevano essere un valore aggiunto per l’economia nazionale si sono lentamente trasformati in settori in crisi. Negli anni, inoltre, norme e disposizioni si sono succedute, spesso accavallandosi rendendo quanto mai necessaria la stesura di Testi unici capaci di dare ordine alla materia. Il caso dell’immobiliare pubblico ne è una riprova, un “mattone di Stato” che stenta a trovare una dimensione di sviluppo e di volano per l’economia, con Istituzioni spesso senza riuscire a trovare una propria identità, valorizzando competenze specifiche. E ciò pur in presenza di ottimi managers, in alcuni casi.
Le intenzioni più recenti sono quelle di portare a casa circa un miliardo di entrate solo nell’anno in corso e altre quote consistenti negli anni a venire. Non si può non guardare il tema che con una giusta dose di scetticismo date le esperienze passate non sempre conclusesi positivamente come nelle aspettative.
Il conferimento nei fondi non produce cassa immediata che potrà essere realizzata solo attraverso la cessione definitiva dei beni. I tempi di cessione sono legati al disbrigo di pratiche urbanistico autorizzativi che non riguardano solo possibili cambi di destinazione ma anche lo status quo, per una significativa fetta di beni pubblici va sanato per poterli dismettere. Aggiungi a ciò che molti beni dovrebbero essere destinati ad investitori stranieri poco inclini a confrontarsi con la PA sia in termini di procedure sia di tempi. Nel processo vanno coinvolti esperti che conoscono i patrimoni immobiliari.
A tal fine nella Finanziaria ha trovato luce presso la Presidenza del Consiglio quello che si potrebbe definire un Dipartimento per gli investimenti, struttura che dovrà occuparsi dell’immobiliare pubblico, avvalendosi di Fondazione Patrimonio Comune. Sarebbe bene diventasse subito operativa, sebbene il mercato immobiliare sia già caratterizzato dalla presenza di altri soggetti.
Tre sono le cose principali a mio avviso che bisognerebbe fare per l’Immobiliare Pubblico:
In primis. Il “Mattone di Stato” deve andare oltre all’annuncio e diventare progetto reale di alienazione di beni immobili capaci di dare introiti in tempo reale, finalizzati alla riduzione del debito pubblico e comunque a una successiva politica di investimenti.
Il secondo punto. Dare vita a una decisa azione interministeriale che ponga mano, in maniera definitiva ed esaustiva, alla stesura di un Testo Unico delle norme sull’immobiliare pubblico che sappia cassare norme ormai obsolete o ripetitive, semplificare procedure complesse, raggruppare per materia la massa enorme di leggi e disposizione di ogni livello che si sono affastellate in questi ultimi anni.
Come terzo punto. Definire chiari indirizzi operativi e competenze delle varie Istituzioni del settore immobiliare Pubblico, stabilendo chi faccia cosa e soprattutto nominare un Primus inter pares che attualmente non sussiste fatta salva in questi anni una “pallida”, spesso inascoltata, cabina di regia del Mef all’interno del quale permangono indecisioni, titubanze e confusioni che finiscono per riversarsi sugli altri soggetti, spesso non in grado di assumere iniziative e definire in pieno le proprie competenze dato il numero dei soggetti coinvolti.
Molto si è fatto in questi anni per dare nuova fiducia al settore immobiliare, che pur essendo da sempre un pilastro fondamentale dello sviluppo economico del Paese, più di altri ha risentito di una crisi profonda, accentuata da una serie di scelte spesso contraddittorie e non inserite in una logica di politica industriale, che ho voluto evidenziare, con spirito costruttivo, in questo articolo. In conclusione, considero positivamente l’operato del MEF e delle relative agenzie e società tecniche che operano per l’immobiliare del Paese, sottolineando l’esigenza di un coordinamento di tutti gli altri protagonisti degli vari dicasteri con un confronto con i privati per una politica industriale del mattone che rilanci l’economia e tutta la filiera del real estate.